MEMENTO

In amore non essere un mendicante, sii un imperatore
Dà e resta semplicemente a vedere che cosa accade...


[ OSHO RAJNEESH ]



Per me, l'unica gente possibile, sono i pazzi, quelli che sono pazzi di vita,pazzi per parlare,
pazzi per essere salvati,vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo,
quelli che mai sbadigliano o dicono un luogo comune
ma bruciano, bruciano, bruciano...


[ JACK KEROUAC ]



"Sto lavorando duro per preparare il mio prossimo errore"

[ BERTHOLD BRECHT ]



Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre,
ma nell'avere nuovi occhi"

[ MARCEL PROUST ]



Faccio sempre quello che non so fare, per imparare a farlo

[ PABLO PICASSO ]



"Io guardo spesso il cielo.Lo guardo di mattino nelle ore di luce
e tutto il cielo s’attacca agli occhi e viene a bere,
e io a lui mi attacco,come un vegetale che si mangia la luce"

[ M.GUALTIERI ]



"Se tu aprissi davvero gli occhi per vedere,scorgeresti la tua immagine in tutte le immagini.
Se aprissi le orecchie per ascoltare,percepiresti la tua voce, in tutte le voci."

[ KAHIL GIBRAN ]



"La dignità dell'artista sta nel suo dovere
di tener vivo il senso di meraviglia nel mondo"


[ G.K.CHESTERTON ]



È bello svegliarsi e non farsi illusioni.
Ci si sente liberi e responsabili.
Una forza tremenda è in noi, la libertà.
Si può toccare l'innocenza e si è disposti a soffrire

[ CESARE PAVESE ]



"Il miglior modo di conoscere è assaggiare"

[ detto SUFI ]



Poiché ricordo, dispero.
Poiché ricordo, ho il dovere di respingere la disperazione

[ ELIE WIESEL ]



Si rifiutano i deboli, si vogliono scartare gli anziani,
si vogliono scartare i portatori di handicap
e si vogliono rifiutare le nostre fragilità.
E allora, come aiutare le persone
a trovare il significato di "essere umano"?

[ JEAN VANIER ]



Tutti pensano a cambiare l’umanità
ma nessuno pensa a cambiare se stesso.

[ LEV TOLSTOJ ]



– Lei è un pazzo furioso.
– Questa mania di dare del pazzo a quelli che non si comprendono!
Che pigrizia mentale!

[ Amélie Nothomb ]



Scorre una memoria, con la linfa, nel corpo degli alberi
Scrivono il tempo come i libri; gli alberi sono libri.
Gli alberi sono degli alfabeti, dicevano i Greci"

[ ROLAND BARTHES ]



Alla tigre tocca cacciare
All'uccello tocca volare
All'uomo tocca chiedersi: "Perché? Perché? Perché?"

Alla tigre tocca dormire
All'uccello tocca posarsi
E all'uomo raccontarsi che è ancora in grado di capire

[ KURT VONNEGUT ]



Non sono niente.Non saro' mai niente. Non posso voler essere niente.
A parte questo, ho in me tutti i sogni del mondo"

[ F.PESSOA ]



Nel bel mezzo dell'inverno,
ho infine imparato che vi era in me un'invincibile estate"


[ ALBERT CAMUS ]



La libertà non sta nello scegliere tra il bianco ed il nero,
ma nel sottrarsi a questo obbigo"

[ THEODOR W. ADORNO ]



Siamo tutti prigionieri ma alcuni stanno in celle con finestre,
altri senza.

[ KAHIL GIBRAN ]



Solo il pazzo ed il genio infrangono le leggi fatte dall'uomo
ed essi sono i più vicini al cuore di Dio

[ KAHIL GIBRAN ]



Il contrario dell'amore non è l'odio, ma l'indifferenza.
Il contrario della vita non è la morte, ma l'indifferenza.
Qualsiasi cosa scegliate amici miei, non siate indifferenti

[ANTONIO GRAMSCI]



mercoledì 30 agosto 2006




Come hai scritto?

"Per aiutarci l'un l'altro a essere tutto quello
e tutti coloro che siamo."




[ D.GROSSMAN - Che tu sia per me il coltello ]

lunedì 28 agosto 2006

'a vita è nu muorzo



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"A vita è 'nu muorzo
ca nisciuno te fà dà " 

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[ P.Daniele - Viento'eTerra ]





sabato 19 agosto 2006


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Tra i ricordi e il vento 

Da  Lipari  non  è  difficile  raggiungere  tutte  le  restanti  isole Eolie:
Panarea, Vulcano, Stromboli, Salina, Alicudi o Filicudi.

La traversata diretta a queste destinazioni è sempre piena di gente allegra, di sguardi svegli e sorridenti all’andata e di persone stanche, accaldate, con visi arrossati e occhi ancora raggianti di colori al ritorno.






Io preferisco le imbarcazioni più lente rispetto al pur veloce e comodo aliscafo.

Quel viaggio lento che ti regala mille scorci, che ti dondola mentre rivedi tanti momenti che presto diventeranno ricordi.. quel viaggio in cui hai tutto il tempo di gustarti ogni sfumatura, mentre a tratti presti attenzione anche alla dolce stanchezza che circola nel tuo corpo.
           



Una volta sbarcati, le isole, possono essere visitate in autobus, motorino, bicicletta, o molto meglio a  piedi…passo dopo passo, orma dopo orma.

Io mi sono affidato a sentieri senza frecce né cartelli, quelli che si discostano dai percorsi più frequentati e in cui ti può spingere solo la naturale curiosità, quella curiosità che ti fa accettare con entusiasmo anche qualche graffio causato dalla vegetazione o dalle rocce più aguzze degli scogli.
           
Quei sentieri conducono a insenature senza lidi né ombrelloni, senza bar né bibite fresche… su una strada che silenziosa corteggia il mare.

 


Incamminarsi lungo la costa seguendone le rientranze, i promontori, i fianchi scoscesi, quelle tortuose rotondità toccate solo dal vento, dall’acqua e da pochi gabbiani.
        
       

 
          
        

Farsi guidare dallo sguardo stupito dall’intensità del mare, dalle profondità che ti chiamano ad una nuotata un po’ impacciata e timorosa.       
           
  





Poi.. seduto in mezzo alle rocce  o in piedi, in alto, su uno strapiombo a picco sull’acqua,  sorprendersi a far scorta di immagini e profumi per l’inverno.
     
       
         
          
           
        


Fissare quegli  scogli che l’acqua ha accarezzato, in tempi in cui tu eri lontano, estraneo a questo paesaggio.. scogli da secoli lambiti dal mare e  rocce dalle forme fantastiche, cullate dalle onde durante la luminosa primavera o invece schiaffeggiate con violenza  nelle selvagge mareggiate dell'inverno che isola completamente questi lembi di mediterraneo.
           


            
Grotte, insenature, torrioni, rocce appena affioranti dall’acqua, cascate di sassi  lungo il pendio.
Sassi che inizi a scrutare e passo dopo passo a conoscere, a toccare.. te ne appropri  lentamente.       
      
              
 
Un’altra insenatura si apre.. le pietre bianche riflettono il verde e l'azzurro cristallino dell’acqua e macchie più scure sul fondo tratteggiano un percorso marino che tu insegui con gli occhi, immergendoti in quella purezza che ti nutre con i propri inconsueti colori.

Le alghe sembrano danzare al ritmo di una musica.Una musica che non riesci a sentire ma sai che c’è.
Tutto vibra a quel ritmo.
Comprendere che quella luce che bagna il mattino ed ogni cosa intorno a te, è la luce più cruda e più vera tu abbia mai incontrato.

La luce d’Ulisse.

La luce che per primo abbagliò Odisseo. Che gli accarezzò per tutta la vita, la pelle bruciata dal sale  e da giorni spietati di sole, burrasche, sventure.Penso a come tutto accadde alla presenza di questi stessi fiori d'indecente bellezza.
.
.
.



            
           


 

            
           
Poi, nella sera che avanza, seduto in cima alla barca che riporta al mondo di sempre, mentre inspiri, seduto sul ponte, il gran respiro del mare, cogli un insolito suono, un’armonia d’aria che ti manca in città. 
Il suono è quello scomposto ed insieme armonico dell’acqua agitata dal vento che trasporta con sé innumerevoli voci..
Immaginarsi fra quelle, anche le grida di pescatori d'altri tempi, di naufragi dimenticati, di pirati, di barbari, di affondamenti.

E' lo sciacquare spossato eppure instancabile delle onde che  avvolge ogni cosa.

 
La luce pian piano si  attenua, l’aria calda comincia a rinfrescare e accarezzandoti, ti va alla testa, come fosse un vino leggero, frizzante.

I
 capelli sono ancora umidi mentre l’aria della notte, poco a poco, si mescola a quella del giorno, in uno stupefacente tramonto.
         
          


E' sera. Me ne vado.. ritorno.

Come un pescatore raccolgo senza fretta, in silenzio, la mia rete piena di emozioni, di colori,  d'immagini che mi ricorderanno questo viaggio quando sarò tornato in città.

Ecco cosa manca nelle città senza mare..
Manca il mare. 

Un orizzonte che sconfini nei sogni.
.
      
          
            .
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           voglio fare omaggio a Blue
            
Oh, tu bene mi pesi

l’anima, poesia:

tu sai se io manco e mi perdo,

tu che allora ti neghi

e taci.

Poesia, mi confesso con te

che sei la mia voce profonda:


tu lo sai che ho tradito,

ho camminato sul prato d’oro

che fu il mio cuore,

ho rotto l’erba, rovinato la terra –

poesia – quella terra

dove tu mi dicesti il più dolce

di tutti i tuoi canti,

dove un mattino per la prima volta

vidi volar nel sereno l’allodola

e con gli occhi cercai di salire –

Poesia, poesia che rimani

il mio profondo rimorso,

oh aiutami tu a ritrovare

il mio alto paese abbandonato –


Poesia che ti doni soltanto

a chi con occhi di pianto

si cerca –

oh rifammi tu degna di te,

poesia che mi guardi.
         
          
            Antonia Pozzi
Pasturo, 23 agosto 1934

giovedì 17 agosto 2006

Orazione per Uri, 20 anni.



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Forse commenterò in un secondo momento questo documento cosi unico e sconvolgente. Per ora credo di poter mettere a fuoco soltanto la mia ammirazione per la capacità di pacatezza di questo uomo colpito cosi beffardamente dalla guerra. Proprio lui che aveva firmato un appello di dissociazione e di obiezioni alla politica del governo israeliano assieme ad altre grandi personalità ebree. E per assurdo, suo figlio, Uri, è morto proprio pochi momenti prima che scattasse  il cessate il fuoco in Libano.
Provo una grande stima per questa persona, al di là del suo ruolo (scrittore di  talento, noto a livello mondiale) e della sua nazionalità (israeliana). Ogni volta che il dolore sa divenire "messaggio", ogni volta che la tragedia sa tramutarsi da dramma individuale, a presa di coscienza della condizione umana, travalicando i contorni del  fatto di cronaca, per diventare evento universale, capace di toccare ogni uomo, provo "un senso di sacralità", di enorme rispetto e dentro di me mi inchino alla grandezza che sa dimostrare chi è stato travolto cosi impudicamente dalla Guerra, dall'Angoscia, dal Male.
Leggendo queste parole si può soltanto sentire di essere al cospetto di un grande mistero con i suoi due volti: la Vita e la Morte. Ammirevole è chi sa ancora trovare parole sensate in un momento simile. Parole incredibilmente colme di gratitudine per ciò che ha condiviso, per ciò che ha avuto in sorte, per il dono di quella vita comunque coltivata e vissuta nell'amore
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                                                           [ k ]
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Orazione  di  David Grossman
  
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in memoria del figlio Uri,
 morto in guerra nel Libano meridionale
alla vigilia del cessate-il-fuoco 

<>Non<><> verrà, non parleremo, non rideremo. Non ci sarà più questo ragazzo dallo sguardo ironico e dallo straordinario senso dell'umorismo. Non ci sarà il giovane uomo dalla saggezza molto più profonda di quella dei suoi anni, dal sorriso caloroso, dall'appetito sano. Non ci sarà quella rara combinazione di determinazione e delicatezza. Non ci saranno il suo buon senso e l'assennatezza del suo cuore.

Non ci sarà l'infinita tenerezza di Uri e la tranquillità con cui placava ogni tempesta, non vedremo insieme i Simpsons o Seinfeld, non ascolteremo con te Johnny Cash e non sentiremo il tuo abbraccio forte e rassicurante. Non ti vedremo camminare e parlare con Yonatan (il fratello maggiore ndr) gesticolando con foga, abbracciare Ruti (la sorella più piccola ndr), a cui volevi tanto bene.

Uri, amore mio, per tutta la tua breve vita abbiamo imparato da te. Dalla tua forza e dalla determinazione di seguire la tua strada, anche quando non avevi possibilità di riuscita.
Abbiamo seguito stupefatti la tua lotta per essere ammesso al corso di comandanti di tank. Non ti sei arreso ai tuoi superiori, sapevi di poter essere un buon comandante e non eri disposto a dare meno di quanto potevi. E quando l'hai spuntata, ho pensato, ecco un ragazzo che conosce semplicemente e lucidamente le sue possibilità. Senza pretese, senza arroganza. Che non si lascia influenzare da quello che gli altri dicono di lui. Che trova la forza dentro di sé. Sei stato così fin da piccolo. Vivevi in armonia con te stesso e con chi ti stava intorno. Sapevi qual era il tuo posto, eri consapevole di essere amato, conoscevi i tuoi limiti e le tue virtù. E davvero, dopo aver piegato l'intero esercito, ed essere stato nominato comandante, era chiaro che tipo di comandante e uomo eri. E oggi i tuoi amici e i tuoi subordinati raccontano del comandante e dell'amico, di quello che si alzava per primo per organizzare tutto e che si coricava solo dopo che gli altri già dormivano  

            
E ieri, a mezzanotte, ho guardato la casa, che era piuttosto in disordine dopo che centinaia di persone sono venute a farci visita, a consolarci, e ho detto, eh sì, adesso ci vorrebbe Uri per aiutare a sistemare.

Eri il "sinistroide" del tuo battaglione, ma eri rispettato, perché mantenevi le tue posizioni senza rinunciare ai tuoi doveri militari. Ricordo che mi hai raccontato della tua "politica dei posti di blocco", perché anche tu sei stato non poco ai posti di blocco. Dicevi che se c'era un bambino nell'auto che avevi fermato, innanzi tutto cercavi di tranquillizzarlo e di farlo ridere. E ricordavi a te stesso che quel bambino aveva più o meno l'età di Ruti e quanta paura aveva di te e quanto ti odiava, e a ragione. Eppure facevi di tutto per rendergli più facili quei momenti tremendi, compiendo al tempo stesso il tuo dovere, senza compromessi.

Quando sei partito per il Libano la mamma ha detto che la cosa che temeva di più era la tua "sindrome di Elifelet". Avevamo molta paura che, come l'Elifelet della canzone, anche tu saresti corso dritto in mezzo al fuoco per salvare un ferito, che saresti stato il primo a offrirti volontario per portare il rifornimento-di-munizioni-esaurite-da-tempo. E lassù, in Libano, in quella dura guerra, ti saresti comportato come hai fatto per tutta la vita, a casa, a scuola e durante il servizio militare, offrendoti di rinunciare a una licenza perché un altro soldato aveva più bisogno di te, o perché a casa di quell'altro c'era una situazione più difficile.

Eri per me figlio e amico. Ed era lo stesso per la mamma.

La nostra anima è legata alla tua. Vivevi in pace con te stesso, eri una persona con cui è bello stare.

Non sono nemmeno capace di dire ad alta voce quanto tu fossi per me qualcuno con cui correre.
Ogni qualvolta arrivavi in licenza dicevi: vieni papà, parliamo. Di solito andavamo a un ristorante, a sedere e a parlare.

Mi raccontavi così tanto, Uri, ed ero orgoglioso di avere l'onore di essere il tuo confidente, che uno come te avesse scelto me.

Ricordo quanto fossi indeciso una volta se punire un soldato in seguito a un'infrazione disciplinare. Quanto per te quella decisione fosse sofferta perché avrebbe scatenato la rabbia dei tuoi sottoposti e degli altri comandanti, molto più indulgenti di te riguardo a certe infrazioni. E infatti, punire quel soldato ti è costato molto da un punto di vista dei rapporti umani ma proprio quell'episodio si è trasformato in una delle storie cardinali dell'intero battaglione, che ha stabilito certe norme di comportamento e di rispetto delle regole. E nella tua ultima licenza mi hai raccontato, con timido orgoglio, che il comandante del battaglione, durante una conversazione con alcuni nuovi ufficiali, ha portato la tua decisione come esempio di un giusto comportamento del comandante.

Hai illuminato la nostra vita, Uri. Io e la mamma ti abbiamo cresciuto con amore.
Era così facile volerti bene, con tutto il cuore, e so che anche tu sei stato bene. Che la tua breve vita è stata bella.

Spero di essere stato un padre degno di un figlio come te.
Ma so che essere il figlio di Michal (la moglie di David ndr) vuol dire crescere con generosità, grazia e amore infiniti, e tu hai ricevuto tutto questo.
Lo hai ricevuto in abbondanza, e hai saputo apprezzarlo, hai saputo ringraziare, e niente di quello che hai ricevuto era scontato per te.

In questo momento non dico nulla della guerra in cui sei rimasto ucciso.
Noi, la nostra famiglia, l'abbiamo già persa.

Israele ora si farà un esame di coscienza, noi ci chiuderemo nel nostro dolore, attorniati dai nostri buoni amici, circondati dall'amore immenso di tanta gente, che per la maggior parte non conosciamo, e che io ringrazio per l'illimitato sostegno.

Vorrei che sapessimo dare gli uni agli altri questo amore e questa solidarietà anche in altri momenti.

È forse questa la nostra risorsa nazionale
più particolare. Vorrei che potessimo essere più sensibili gli uni nei confronti degli altri.

Che potessimo salvare noi stessi ora, proprio all'ultimo momento, perché ci attendono tempi durissimi.

Vorrei dire ancora qualche parola.
Uri era un ragazzo molto israeliano. Anche il suo nome è molto israeliano, ebreo. Uri era il compendio dell'israelianità come io la vorrei vedere. Un'israelianità ormai quasi dimenticata. Spesso considerata alla stregua di una curiosità. Talvolta, guardandolo, pensavo che fosse un ragazzo un po' anacronistico. Lui e Yonatan e Ruti. Bambini degli anni cinquanta. Uri, con la sua totale onestà e il suo assumersi la responsabilità per tutto quello che gli succedeva intorno. Uri sempre in "prima fila", su cui poter contare.
Uri con la sua profonda sensibilità verso ogni sofferenza, ogni torto. E capace di compassione. Una parola che mi faceva pensare a lui ogni qualvolta mi veniva in mente.

Era un ragazzo con dei valori, parola molto logorata e schernita negli ultimi anni. Nel nostro mondo a pezzi e crudele e cinico non è "tosto" avere dei valori. O essere umani. O sensibili al malessere del prossimo, anche se quel prossimo è il tuo nemico sul campo.
Ma io ho imparato da Uri che si può e si deve essere sia l'uno che l'altro.

Che dobbiamo difendere noi stessi e la nostra anima.

Insistere a preservarla dalla tentazione della forza e da pensieri semplicistici, dalla deturpazione del cinismo, dalla volgarità del cuore e dal disprezzo degli altri, che sono la vera, grande maledizione di chi vive in una area di tragedia come
la nostra.

Uri aveva semplicemente il coraggio di essere se stesso, sempre, in ogni situazione, di trovare la sua voce precisa in tutto ciò che diceva e faceva, ed era questo a proteggerlo dalla contaminazione, dalla deturpazione e dal degrado dell'anima.

Uri era anche un ragazzo buffo, incredibilmente divertente e sagace ed è impossibile parlare di lui senza riportare alcune sue "trovate".
Per esempio, quando aveva tredici anni, gli dissi: immagina che tu e i tuoi figli un giorno potrete recarvi nello spazio come oggi si va in Europa. E lui rispose sorridendo: "Lo spazio non mi attira molto, si può trovare tutto sulla terra".

O un'altra volta, mentre viaggiavamo in automobile, io e Michal parlavamo di un nuovo libro che aveva suscitato molto interesse e nominavamo scrittori e critici. Uri, che allora aveva nove anni, ci richiamò dal sedile posteriore: "Ehi, voi, elitisti, vi prego di notare che qui dietro c'è un piccolo sempliciotto che non capisce niente di quello che dite!".

O per esempio Uri, a cui piacevano molto i fichi, con un fico secco in mano: "Dì un po', i fichi secchi sono quelli che hanno commesso peccato nella loro vita precedente?". O ancora, una volta che ero indeciso se accettare un invito in Giappone: "Come puoi non andare? Sai cosa vuol dire essere nell'unico Paese in cui non ci sono turisti giapponesi?"

Cari amici, nella notte tra sabato e domenica, alle tre meno venti, hanno suonato alla nostra porta. Al citofono hanno detto di essere "gli ufficiali civici". Sono andato ad aprire e ho pensato, ecco, la vita è finita.
Ma cinque ore dopo, quando io e Michal siamo entrati nella camera di Ruti e l'abbiamo svegliata per darle la terribile notizia, Ruti, dopo il primo pianto, ha detto: "Ma noi vivremo, vero? Vivremo come prima. Io voglio continuare a cantare nel coro, a ridere come sempre, a imparare a suonare la chitarra."

Noi l'abbiamo abbracciata e le abbiamo detto che vivremo. E Ruti ha anche detto: che terzetto stupendo eravamo, Yonatan, Uri e io.

E siete davvero stupendi. E anche le coppie all'interno del terzetto. Yonatan, tu e Uri non eravate solo fratelli ma amici, nel cuore e nell'anima.
Avevate un mondo vostro e un vostro linguaggio privato e un vostro senso dell'umorismo. Ruti, Uri ti voleva un bene dell'anima. Con quanta tenerezza si rivolgeva a te. Ricordo la sua ultima telefonata, dopo aver espresso la sua felicità per la proclamazione all'Onu del cessate il fuoco, ha insistito per parlare con te. E tu hai pianto, dopo. Come se già sapessi.

La nostra vita non è finita. Abbiamo solo subito un colpo durissimo.
Troveremo la forza per sopportarlo dentro di noi, nel nostro stare insieme, io, Michal e i nostri figli e anche il nonno e le nonne, che amavano Uri con tutto il cuore - "Neshuma", lo chiamavano, perché era tutto "Neshamà", anima - e gli zii e i cugini e tutti i numerosi amici della scuola e dell'esercito che ci seguono con apprensione e affetto.
E troveremo la forza anche in Uri.
Aveva forze che ci basteranno per tantissimi anni. La luce che proiettava - di vita, di vigore, di innocenza e di amore - era tanto intensa che continuerà a illuminarci anche dopo che l'astro che la produceva si è spento.

Amore nostro, abbiamo avuto il grande privilegio di stare con te. Grazie per ogni momento che sei stato con noi.

Papà, mamma, Yonatan e Ruti. 
    
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lunedì 14 agosto 2006

 



 





























   
 

"Perchè sei triste?", gli ho chiesto.
"Non sono triste."
"Si che lo sei."
"Non è quello" ha risposto

 Mi ha detto che secondo lui la gente vive per anni e anni, ma in realtà è solo una piccola parte di quegli anni che vive davvero, e cioè negli anni in cui riesce a fare ciò per cui è nata.

Allora, lì, è felice.

Il resto del tempo è tempo che passa ad aspettare o a ricordare.

Quando aspetti o ricordi, mi ha detto, non sei nè triste nè felice. Sembri triste, ma è solo che stai aspettando o ricordando.
Non è triste la gente che aspetta, e nemmeno quella che ricorda.

Semplicemente è lontana.

"Io sto aspettando"
, mi ha detto.
Cosa?
"Sto aspettando di fare ciò per cui sono nato."


   
   
 

         [ A.BARICCO ]


   

 


 

sabato 12 agosto 2006

 


 






















La voce a te dovuta


 
 
 
 



 














 
I cieli sono uguali.

Azzurri, grigi, neri,
si ripetono
sopra
l'arancio o la pietra:
guardarli ci avvicina.


Annullano le stelle,

tanto sono lontane,
le distanze del mondo.

Se noi vogliamo unirci,

non guardare mai avanti:
tutto pieno di abissi,
di date e di leghe.

Abbandonati e galleggia

sopra il mare o sull'erba,
immobile,
il viso al cielo.


Ti sentirai calare

lenta,
verso l'alto,

nella vita dell'aria.

E ci incontreremo,

oltre le differenze invincibili,
sabbie,
rocce, anni,
ormai soli,

nuotatori celesti,

naufraghi dei cieli.  

   


 


 


 










[ Pedro Salinas ]




 


  


lunedì 7 agosto 2006

PERCHE' ACCONTENTARSI?






































































     
     
     
 

Anni fa pensavo di sottoporre ogni donna attraente ad un particolare esame per stabilire se sarebbe stata la"donna della mia vita".

Pensavo che l'avrei guardata profondamente negli occhi, avvicinandole il viso. Più vicino sempre più vicino, finchè il mio occhio avrebbe toccato il suo.

Proprio toccato.
Non solo le ciglia o le palpebre, ma i globi oculari, l'iride e i dotti lacrimali.

Naturalmente sarebbero subito sgorgate le lacrime.
Il corpo è fatto così.


Ma noi non avremmo ceduto, non ci saremmo arresi ai riflessi condizionati e alla burocrazia del corpo finchè non fossero emerse le immagini più offuscate e remote delle nostre anime.

Questo voglio ora.
Vedere l'oscurità che c'è nell'altro.

Perchè accontentarsi Myriam?
Perchè non chiedere, per una volta di poter piangere con le lacrime di un altro?


 
     
     
     
     
 

   D.Grossman - Che tu sia per me il coltello. p.152      


   
     
     
     

sabato 5 agosto 2006

Abbiamo passato la notte

 


 



 

























   
 

Abbiamo passato la notte
ti tengo la mano  io veglio
Ti sostengo con tutte le mie forze
Incido su una pietra
la stella delle tue forze
Solchi profondi
dove scaturirà la bontà del tuo corpo
Ascolto in me la tua intima voce
la tua voce per gli altri
E rido ancora di quell'orgogliosa
che tratti come una mendicante
Dei folli che rispetti
degli ingenui in cui credi
E nella mia testa
che a notte dolcemente
s'accorda con la tua
mi meraviglio
della sconosciuta che diventi

Una sconosciuta che ti assomiglia
e assomiglia a tutto ciò che amo

Che sempre si rinnova.



   
 

Paul Eluard




 

 


 

mercoledì 2 agosto 2006

NON RESPINGERE I SOGNI PERCHE' SONO SOGNI

 



 

































   
 

Non respingere i sogni
perché sono sogni.

Tutti i sogni possono essere realtà,
se il sogno non finisce.

La realtà è un sogno.

Se sogniamo
che la pietra è pietra,
questo è la pietra.

Ciò che scorre nei fiumi non è acqua,
è un sognare l'acqua, cristallina.

La realtà traveste
il sogno, e dice:
"Io sono il sole, i cieli, l'amore".
Ma mai si dilegua, mai passa,
se fingiamo di credere
che è più che un sogno.

E viviamo sognandola.

Sognare
è il mezzo che l'anima ha
perché non le fugga mai
ciò che fuggirebbe se smettessimo
di sognare che è realtà ciò che non esiste.

Muore solo
un amore
che ha smesso di essere sognato

fatto materia e che si cerca sulla terra.


   
   
                                         [ Pedro Salinas ]

   

 


martedì 1 agosto 2006

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E poi..



















   
 

E poi ripetei quella parola
Fra me,
senza un’intonazione.
Quella parola,  distesa.
Completamente neutra.
Da sempre estranea a me
come una nuvola.

Chiudeva un ciclo.
Un’età.
Chiudeva un tempo

Mi congedavo dalle tue insicurezze,
quel così tuo, non saper volere.

Precipitavano,
fitte come perle di collana
immagini, giornate arse,
fotografie e parole.
Pioggia tiepida colava, 
di fitte acute, dolorosa e vana  
là dove doveva battere il cuore

Urlavano i venti sul mare
Disconoscevo il sole
che stravolto
regalava ancora
qualche bagliore al buio
prima di sprofondare
all’orizzonte.

Prendevo congedo
da cento contraddizioni
che avevo accettato
pur di renderti onore.


 






























   
 

Accartocciavo pensieri di te.
Infedeli ritratti che per tanto
m’avevano accompagnato
Si chiudeva un’era come una giornata.

Ero libero.
La malattia di te
m’aveva lasciato:
pelle trasparente e febbrile
Bruciature e ferite
Infinite, cicatrici ricucite
come sgualcite cartine
inservibili
Mentre l’idea di te
infine, inutile,
mi lasciava
libero di incamminarmi

E me ne andai

Là dove pure
non v’erano più treni da prendere
o navi per salpare.

Finalmente ti leggevo
e leggero
come un vuoto pieno
d’eco,
m’allontanavo
lento,
a piedi,
non più cieco,
sul ciglio di me
sgomento.
Per la prima volta
sapevo.
Il tuo limite
svelato doleva
ancora e ancora,
infinitamente.

Ma non mi voltai
quando, al termine del ponte
l’altra sponda prese
il colore
del tuo tramonto.


   
 

         [  k  ]